Ormesi e omeopatia, verso una nuova consapevolezza

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Ormesi e omeopatia, verso una nuova consapevolezza

La lettera all’Editore di Andrea Dei alla rivista Dose-Response pubblicata nei giorni scorsi rappresenta un punto fermo nella discussione esistente da anni sulla natura dei medicinali omeopatici in alta diluizione.

L’autore tiene a sottolineare che essendo un chimico e non un medico, non è competente nel valutare l’efficacia terapeutica dei medicinali stessi, lasciando tale compito al giudizio dei lettori.

Nella lettera si tiene piuttosto a evidenziare come i risultati delle moderne tecnologie chimico-fisiche e biologiche suggeriscano che le soluzioni dei medicinali omeopatici debbano essere considerate come “non-soluzioni” a causa della differente popolazione di molecole di principio attivo che si ha all’interfaccia liquido-vapore rispetto al corpo della soluzione.

Questo fa sì che la concentrazione reale del principio attivo non vari con la diluizione come ci si potrebbe aspettare, ma che questa variazione sia molto piccola.

A supporto di questa ipotesi l’autore commenta i risultati ottenuti dal gruppo di Bellare, che indicano inequivocabilmente che soluzioni di nanoparticelle di metalli pesanti quali oro e argento contengano alle diluizioni di 200CH lo stesso numero di particelle delle 6CH (ovvero dell’ordine dei picogrammi/millilitro).

Come ulteriore prova l’autore sottolinea come l’analisi dei profili genici del DNA trattato con farmaci omeopatici a diversa concentrazione (dalla tintura madre alla 30CH) mostrino un andamento totalmente diverso da quello aspettato: la tecnologia dei DNA-microarray infatti mostra una variazione della risposta del substrato biologico al trattamento, risposta che varia lentamente con la diluizione.

Questi risultati sono stati pubblicati negli ultimi anni dai Laboratori dell’Università di Verona (Bellavite) e di Firenze da un gruppo di ricerca del quale lo stesso Andrea Dei fa parte.

In tutti i casi citati l’andamento delle risposte con le concentrazione è consistente con una risposta ormetica, ovvero inversione dell’espressione genica al variare della dose, risultato in perfetta simbiosi con la legge del simile di eredità hahnemaniana.

Queste considerazioni inducono l’autore a sottolineare che è priva di senso l’affermazione di numerosi farmacologi, quali ad esempio Garattini, che l’omeopatia sia “acqua fresca” in quanto non può esistere una soluzione a concentrazione zero se si adotta un processo di diluizione seriale.

Inoltre hanno poco senso le ipotesi fino ad oggi formulate per spiegare l’efficacia dei medicinali stessi, quali la cosiddetta memoria dell’acqua, la meccanica quantistica, l’epitassia, etc. fino ai poco credibili esperimenti di Montagnier.

Da questo punto di vista l’omeopatia è molto più facilmente interpretabile come farmacologia delle microdosi, ovverosia ammettendo che molecole o ioni di un principio attivo interagiscano come è aspettato con il substrato biologico, determinando quindi una reazione di stimolo del sistema per raggiungere da uno stato alterato uno stato fisiologico normale.

È la logica di Schulz, purtroppo condannata come le affermazioni di Galileo dal Sacro Collegio della biomedicina.

Per non rinnovare l’attesa di quasi quattro secoli che l’Accademia Pontificia ha impiegato per riabilitare la figura di Galileo, Il Consiglio Direttivo della SIOMI ha stabilito che il tema e i suggerimenti di questi risultati siano discussi in una sessione dedicata nel corso del Convegno del ventennale della Società, che si terrà nel marzo del 2019 a Firenze.

Tratto da: Maria Concetta Giuliano, Omeopatia33

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Periodico settimanale d’informazione e aggiornamento sull’omeopatia – A cura di SIOMI (Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata)

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