Microimmunoterapia Omeopatica

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Microimmunoterapia Omeopatica: Principi teorici

La microimmunoterapia omeopatica è figlia dell’omeopatia. La medicina omeopatica è un metodo diagnostico, clinico e terapeutico basato sulla legge dei simili formulato da S. Hahnemann. L’omeopatia si articola su tre principi fondamentali:

  • LA LEGGE DEI SIMILI
  • LA SPERIMENTAZIONE PURA
  • IL FARMACO DILUITO E DINAMIZZATO.

La LEGGE DEI SIMILI (similia similibus curentur) afferma che condizione necessaria e sufficiente per curare un malato è somministrargli una sostanza che nell’uomo sano riproduca sintomi simili a quelli rilevati nel malato. Pertanto una sostanza capace di indurre una serie di sintomi in un organismo sano sarebbe in grado di curare quegli stessi sintomi presentati da un soggetto malato.

La SPERIMENTAZIONE PURA consiste nella somministrazione a soggetti sani di sostanze che verranno poi somministrate a scopi terapeutici ai soggetti malati. La farmacologia omeopatica è costituita da una serie di medicinali sperimentati sull’uomo sano tratti dal regno animale, minerale, vegetale e di sintesi. I sintomi clinici registrati nel corso di sperimentazioni su soggetti sani prendono il nome di “patogenesi” e vengono raccolti nelle materie mediche, registri compilativi che raccolgono tutti i sintomi riferiti dagli sperimentatori.

La MICRODOSE TERAPEUTICA OMEOPATICA è il risultato di due procedimenti in alternanza: la diluizione, di natura chimica, e la dinamizzazione, di natura fisica. La diluizione indica il grado progressivo di deconcentrazione di una sostanza ponderale, che viene gradualmente disciolta in un solvente idro-alcoolico; al solvente viene trasferita una parte contenuta nel soluto stesso (processo chimico). La dinamizzazione indica il grado progressivo di acquisizione energetica raggiunto dalla diluizione mediante un certo numero (da 10 a 100) di scosse energetiche o succussioni (processo fisico). L’omeopatia è storicamente un metodo sperimentale in quanto si fonda sulla ricerca e sull’applicazione degli effetti dei farmaci sperimentati sull’uomo sano. É una terapia AD PERSONAM che propone, per una stessa condizione nosologica, un farmaco per ogni paziente, prescritto relativamente al suo modo di ammalarsi, diverso da quello di un altro paziente (individualità morbosa e individualità medicamentosa).

L’uso sempre crescente dell’omeopatia e i risultati ottenuti hanno sollevato l’esigenza sempre maggiore di dimostrarne scientificamente l’efficacia e comprenderne il meccanismo d’azione che la sostiene. Tuttavia fin dagli iniziali e pionieristici esordi l’omeopatia ha subito accese critiche ed enormi scetticismi da parte del mondo accademico che ha sempre screditato l’uso di una terapia che si basasse su farmaci, la cui concentrazione, essendo infinitesimale (anche oltre il numero di Avogadro), non era razionalmente in grado di esercitare effetti terapeutici.

Come è possibile infatti che un farmaco quasi scomparso o del tutto scomparso all’interno di una diluizione possa suscitare effetti terapeutici che non siano placebo? Molti studi, inizialmente condotti per smascherare e screditare l’omeopatia, hanno però evidenziato nelle successive meta-analisi risultati sorprendentemente a favore. I risultati ottenuti nei molteplici trials clinici suggeriscono che l’effetto dell’omeopatia non sia sovrapponibile al placebo e che pertanto possa essere efficace, e quindi proponibile, come metodo terapeutico. (Linde K, et al. Lancet 1997, Cucherat M et al, Eur. J. Clin. Pharmacol 2000).

Sono state condotte svariate ricerche sperimentali al fine di svelare l’intimo meccanismo di azione delle dosi infinitesimali omeopatiche, modernamente denominabili ultra low-doses (Elia 2000, Del Giudice e Preparata 2000). Sono stati utilizzati modelli sperimentali sia biochimici che biofisici, ma non si è ancora giunti ad una completa chiarezza e a conclusioni pienamente soddisfacenti tali da permettere di conferire al rimedio omeopatico la patente di farmaco. Esistono molto probabilmente reali difficoltà ad adattare l’omeopatia ai protocolli della ricerca scientifica ufficiale, e nel contempo non è stato ancora individuato un reale metodo di verifica sperimentale “alternativo”, adattabile cioè all’omeopatia. Rimane tuttavia una fiducia sul potere terapeutico del “farmaco” omeopatico confermata e derivata dai risultati clinici. La mole di ricerche effettuate anche da medici non omeopati, pur avendo riscontrato risultati positivi, non ha mai avuto la giusta rilevanza all’interno della comunità scientifica. Ci si auspica che ulteriori contributi sperimentali permettano all’omeopatia di entrare a far parte della medicina dell’evidenza.

Microimmunoterapia omeopatica: un anello che lega omeopatia e immunologia

Apparentemente nulla sembra legare l’immunologia, scienza che analizza i fenomeni dell’immunità fondati sulla discriminazione del SELF e del NON SELF , e l’omeopatia, metodo terapeutico caratterizzato essenzialmente dalla legge dei simili.

Ad un esame più approfondito però si nota che entrambe queste discipline non solo si basano sulle capacità reattive dell’organismo, il cui epicentro risiede con molta probabilità nel NETWORK del sistema immunitario, ma che entrambe agiscono e reagiscono con il“linguaggio” dell’infinitesimale.

Le sostanze prodotte dalle cellule in corso di risposta immunitaria vengono utilizzate dal sistema immunitario nell’ordine di quantità ponderali molto piccole, comprese tra la nanomole (1×10-9) e fentomole (1×10-15).

Il sistema immunitario è capace di rispondere a stimoli molto deboli. Infatti le concentrazioni di antigene capaci di scatenare una risposta anticorpale sono dell’ordine di 0.1 nanogrammi (1×10-9 g). Numerose ricerche scientifiche dimostrano come rimedi omeopatici, somministrati sia in vivo che in vitro, siano in grado di modificare il PATTERN IMMUNOLOGICO aumentando, per esempio, la percentuale di linfociti e di mediatori peptidici dell’immunità (Bildet 1975, Wagner 1986, Boiron 1990, Doutremepuich 1993, Sainte-Laudy., Belon 1997, Crocnan 2000, Schmol e Weiser 2001).

 

L’immunologia potrebbe quindi fornire preziosi spunti per spiegare il meccanismo d’azione dell’omeopatia, considerato che se le reazioni immunitarie agiscono nell’ordine dell’infinitesimale, anche farmaci in diluizione omeopatica potrebbero stimolare e influenzare l’organismo in generale e il sistema immunitario in particolare.

L’omeopatia potrebbe invece essere di supporto all’immunologia stimolando in dosi non nocive risposte biologiche naturali proprie dell’organismo, senza dover ricorrere a farmaci in dose ponderale che, nella maggior parte dei casi, pur dimostrando un effetto terapeutico valido, possono determinare effetti collaterali dannosi.

Microimmunoterapia omeopatica: Principi teorici

Il progresso e l’evoluzione in ambito scientifico hanno permesso un’approfondita conoscenza dei meccanismi d’azione delle sostanze formate per reazione immunologica (immunoglobuline, interleuchine, interferoni). La medicina tradizionale utilizza la maggior parte di questi mediatori come immunomodulatori in dose ponderale in alcune patologie caratterizzate da dis- immunità. (Immunoterapia tradizionale).

Anche l’omeopatia ha subito negli ultimi anni una rilevante evoluzione sia teorica che pratica. Sulla scia dell’ultramolecolare omeopatico sono sorte molte altre discipline definite bioterapiche che, riallacciandosi alle piccole dosi e alla legge di similitudine, propongono un approccio naturale nella cura delle patologie, utilizzando principi attivi innovativi scoperti recentemente, preparati ed utilizzati però secondo le regole della metodologia omeopatica.

L’IMMUNOTERAPIA DI TIPO OMEOPATICA (microimmunoterapia omeopatica), illustre branca della bioterapia, utilizza, in dose diluita e dinamizzata, le stesse sostanze immuno-modulatrici (citochine, interferone, immunoglobuline) che l’organismo umano produce nei processi fisiologici e fisiopatologici. Studi sperimentali condotti in vitro confermano come i mediatori chimici dell’immunità possono agire in qualità di farmaci quando vengono diluiti e dinamizzati (Benveniste 1988, Hadij 1991, Sainte-Laudy 1997, Bellavite 1993, Carmine 1996).

 

L’immunoterapia di tipo omeopatico (microimmunoterapia omeopatica) segue pertanto in maniera rigorosa l’evoluzione delle conoscenze in medicina e in biologia, avvicinando sempre più il punto di incontro tra allopatia (scienza medica ufficiale) e omeopatia rappresentando quindi un’occasione di dialogo tra due realtà ancora ingiustamente contrapposte. L’allopatia, infatti, attinge tutto il sapere recente che viene dalla ricerca biologica e immunologica mentre l’omeopatia fa un uso intelligente e innovativo dei principi e metodi della diluizione e succussione, fornendo sempre più risposte adeguate verso chi soffre.

É ben noto che l’utilizzo in dose ponderale da parte dell’immunoterapia classica di agenti che favoriscono la risposta immunitaria (interleuchine, interferone) non sia scevro da effetti collaterali anche gravi a tal punto da limitarne la reale diffusione. L’immunoterapia omeopatica, utilizzando le stesse sostanze dell’immunoterapia classica, ma a dose infinitesimale, dovrebbe considerarsi una variante non aggressiva dell’immunoterapia tradizionale, o più semplicemente, una terapia immunitaria a dosi non tossiche. Dosi diluite e dinamizzate di IFN, per esempio, somministrate a ratti per via intraperitoneale, provocano un aumento della risposta immunitaria umorale e cellulare efficaci, ma a dosi tollerabili (Bastide M., Int J Immunother, 1987, vol III, n 3).

 

Microimmunoterapia omeopatica: analogia chimica e similitudine hahnemaniana

L’immunoterapia omeopatica (microimmunoterapia omeopatica),  deve comunque essere intesa come una bioterapia nel senso che obbedisce alle regole dell’analogia chimica e non della similitudine hahnemaniana, mantenendo però i principi farmacologici della diluizione e della dinamizzazione omeopatica.

Gli immunoterapici di tipo omeopatico sono infatti sostanze simili a quelle endogene dell’uomo; pertanto la similitudine è su base biologica (l’organo sano cura l’organo malato) ed è il principio di analogia chimica che regola il razionale impiego di sostanze che la natura stessa utilizza nei processi fisiologici e fisiopatologici. Dal punto di vista terapeutico vengono infatti utilizzate le stesse diluizioni dinamizzate con i relativi gradi di potenza dei rimedi omeopatici.

I principi teorico-pratici della prescrizione degli immunoterapici omeopatici sono gli stessi adottati in ambito omeopatico. La prescrizione della potenza seguirà la regola cosiddetta trifasica adottata anche in organoterapia:

  • BASSE DILUIZIONI (3CH,4CH,5CH): ATTIVITÀ DI STIMOLO
  • MEDIEDILUIZIONI(6CH,7CH): ATTIVITÀ REGOLATRICE
  • >ALTE DILUIZIONI (9CH, 15CH, 17CH, 23CH, 30CH, 200CH): ATTIVITÀ FRENANTE – INIBENTE

Pertanto l’utilizzo di elevate diluizioni “frenerà” il sistema immunitario, basse diluizioni lo “stimolerà”, medie diluizioni lo “modulerà”.

 

Microimmunoterapia Omeopatica: regolazione immunitaria

La MICROIMMUNOTERAPIA omeopatica, elaborata dal dott. Maurice Jenaer e dal dott. Bernard Marichal nel corso degli ultimi trenta anni, ha lo scopo di riequilibrare il sistema immunitario non in equilibrio utilizzando frammenti di DNA e RNA, sostanze formate per reazione immunologica normalmente presenti nell’organismo e principi attivi immunoregolatori (bioterapici, allopatici omeopatizzati). Le suddette sostanze sono sottoposte a diluizione e a dinamizzazione secondo i canoni di preparazione previsti dall’omeopatia classica. Possiamo quindi considerare la microimmunoterapia un’immunoterapia omeopatica “più ampia”, dove all’equilibrio del sistema immunitario concorrono sia sostanze endogene che principi attivi esogeni, entrambi rigorosamente omeopatizzati.

Jenaer e Marichal constatarono, inizialmente, che la somministrazione in soggetti immunologicamente labili di frammenti diluiti e dinamizzati di DNA e RNA esercitava un’influenza positiva. I primi studi di microimmunoterapia furono condotti in campo oncologico, ambito in cui i due autori osservarono che frammenti di DNA ed RNA diluiti e dinamizzati erano in grado di promuovere un effetto anti-oncogenico. L’uso degli acidi nucleici diluiti e dinamizzati era inoltre supportata da un’ipotesi sostenuta nei lavori scientifici condotti da Beljanski (1990).

Gli oncogeni sono geni la cui deregolarizzazione determina o contribuisce alla trasformazione neoplastica delle cellule. Nelle cellule tumorali gli oncogeni in genere differiscono rispetto agli analoghi geni della cellula normale perchè amplificati dalla loro trascrizione e perché mutati. Beljanski afferma che la differenza fondamentale tra l’attività di un oncogene e quella di un gene normale consiste nella frequenza di riproduzione. Durante tale processo la catena di DNA deve aprirsi per permettere ad un enzima, l’RNA polimerasi, di leggerne un frammento per farne un RNA messaggero, che è la prima tappa nell’elaborazione della proteina codificata dal gene in questione.

 

Riproduzione intensivamente ripetuta significa costante apertura della catena e ciò favorisce la fissazione, all’interno della catena di DNA, di prodotti destabilizzanti. Tali prodotti destabilizzanti si fissano all’interno della catena di DNA (pesticidi, coloranti, antibiotici, ormoni, peptici, acidi nucleici stessi etc).

Se a dosi elevate DNA ed RNA provenienti dall’organismo possono destabilizzare la catena del DNA, viceversa DNA-RNA diluiti e dinamizzati, potrebbero promuovere un processo di ristabilizzazione sulle sequenze di DNA ed RNA alterati. Le dosi infinitesimali (dose biologica) di DNA e RNA attiverebbero pertanto i meccanismi di regolazione della espressione genica che sono destabilizzati in particolari momenti. Beljanski ha inoltre messo in evidenza l’efficacia di piccoli frammenti di RNA in qualità di molecole chiavistello sul DNA rilassato (destabilizzazione dei doppi legami di idrogeno) estratto da parecchi tumori di diversa specie (Empedocle n.1-1988).

Successivamente ai lavori svolti sul DNA-RNA diluiti e dinamizzati, Marichal e Jenaer hanno effettuato una serie di ricerche, nel corso della quale sono state testate una serie di diluizioni omeopatiche di sostanze quali citochine, prodotti bioterapeutici e allopatici omeopatizzati su pazienti affetti da disturbi immunologici, osservando degli effetti immunomodulatori benefici. Dagli studi condotti sono state create una serie di formule per il trattamento di circa 20 affezioni immunologiche. Le formule, costituite dall’associazione delle singole sostanze testate, hanno un’attività immunoregolatrice sinergica nei confronti di patologie virali, autoimmunitarie ed oncologiche, condizioni queste caratterizzate da sicura dis-immunità e, in virtù della preparazione (diluizione-dinamizzazione), si dimostrano inoffensive. L’utilizzo della microimmunoterapia ha consentito la formulazione e l’impiego maneggevole (privo cioè di effetti secondari) di molteplici bioterapici quali ad esempio le citochine, che l’immunoterapia tradizionale in dose ponderale non è ancora completamente in grado di gestire a causa degli innumerevoli effetti collaterali.

Microimmunoterapia omeopatica: Ipotesi sul meccanismo di azione della immunoterapia omeopatica

Le sostanze immunobioterapiche di partenza (citochine, interferone, DNA, RNA) subiscono un processo di triturazione o solubilizzazione accompagnato dalla dinamizzazione (succussione), secondo i canoni classici previsti dall’omeopatia. Successivamente la sostanza immunoterapica diluita e dinamizzata viene assorbita in un veicolo inerte (saccarosio).

La forma farmaceutica prevista è la capsula. La quantità infinitesimale di sostanza contenuta nella capsula mantiene inalterate tutte le caratteristiche chimico-fisiche provenienti dalla sostanza madre. E’ possibile formulare alcune ipotesi in merito al destino biofarmacologico della sostanza microimmunoterapica.

Una volta venuta a contatto con la mucosa della bocca la quantità infinitesimale di micro immunoterapico omeopatico verrebbe immediatamente immagazzinata dai componenti del sistema immunitario che sono presenti in quella parte del corpo: monociti e macrofagi.

 

I monociti potrebbero catturare e trasmettere a loro volta queste informazioni contenute nel veicolo inerte della capsula; a questo punto i vari componenti del sistema immunitario – adesempio CD4, CD8, Linfociti B- potrebbero reagire con queste sostanze presenti a bassissima concentrazione, quantità paragonabile a quella biologica (Grue 1993). Attraverso questa reazione, usufruendo delle varie reti immunologiche, l’informazione contenuta a dosaggio infinitesimale verrebbe trasmessa al sistema immunitario in TOTO interagendo con i recettori specifici delle cellule del sistema immunitario. Anche i neuropeptidi, sostanze peptidiche secrete da numerose cellule del S.N.C. e del sistema immunitario, parteciperebbero alla trasmissione ed all’elaborazione dell’informazione tra cellula e cellula dei diversi organi del corpo umano.

La risposta della cellula che riceve informazioni dipende dalla quantità di neuropeptide secreto; l’informazione dipende quindi dalla concentrazione che è dell’ordine di valori compresi tra 1×10-6 M e 1×10-12 M, range quantitativo che ci riporta a livello delle diluizioni omeopatiche (3CH, 6CH). Ancora oggi resta comuque difficile tradurre in che modo l’informazione della sostanza microimmunoterapica si trasformi in effetto farmacologico e terapeutico.

Si potrebbe ipotizzare che un immunoterapico omeopatico stimoli alcuni meccanismi biologici che sono inibiti o bloccati a livello cellulare da fattori patogenetici di tipo esogeno o endogeno, oppure che l’immunoterapico omeopatico inibisca un meccanismo di risposta che è attivato in modo sproporzionato o distorto dall’agente causale della malattia.

Le reazioni immunologiche si svolgono in un sistema biologico-cellulare che ”parla” e “recepisce” un linguaggio biochimico a dosaggi molto bassi.

E’ ipotizzabile che l’omeopatia, scienza dell’ultramolecolare, abbia ragione di efficacia proprio perchè agisce nell’ordine dell’infinitesimale biologico. Tuttavia dopo diluizioni quali la 12CH (1×10-24) l’assenza totale di molecole ci suggerisce di formulare ipotesi di funzionamento, oltre la chimica e la biochimica.

 

Probabilmente le informazioni trasmesse dal rimedio omeopatico estremamente diluito viaggiano intorno a fenomeni di natura fisica (vibrazioni, campi elettromagnetici), che in qualche modo riprodurrebbero l’informazione del soluto originario (sostanza di partenza). Esperimenti condotti con soluzioni altamente diluite suggeriscono infatti che la qualità e il tipo di informazione e di segnale veicolato da queste soluzioni differisce da quelle normalmente conosciute dalla biologia e dalla farmacologia tradizionali. Gli esperimenti condotti hanno rivelato che l’effetto degli omeopatici aumenta o diminuisce o rimane stabile durante successive diluizioni e che l’informazione specifica di una sostanza omeopatica potrebbe essere attivata o amplificata dalla diluizione e dall’agitazione (Bellavite P., Signorini A.).

In omeopatia si utilizzano basse diluizioni con molecole di sostanza ancora presenti che hanno azione di stimolo e alte diluizioni caratterizzate dall’assenza totale di molecole che sono provviste di un’attività frenante-inibente. L’uso di basse diluizioni con concentrazioni ancora presenti di sostanza (omeopatico o immunoterapico omeopatico) soddisfano, anche se parzialmente, la spiegazione del meccanismo di azione, essendo caratterizzate dalla presenza anche se molto piccola di sostanze che però agirebbe in quantità sovrapponibile a quella biologica.

Difficilmente raggiungibile invece la spiegazione del meccanismo di azione di diluizioni caratterizzate da assenza totale di sostanza (alte diluizioni). Inoltre resta da spiegare per quale motivo una bassa diluizione eserciti nei confronti di un sistema cellulare un’azione di stimolo e, di contro, un’alta diluizione che non contiene alcuna traccia biochimica della sostanza di partenza eserciti un’azione frenante.

Modelli sperimentali di recente applicazione suggeriscono che l’azione delle diluizioni omeopatiche potrebbe essere maggiormente compresa con l’applicazione della teoria della “inversione degli effetti” (Boyd 1936, Oberbaum 1994).

E’ stato infatti osservato che composti biologicamente attivi possono determinare, su un sistema omeostatico complesso, degli effetti inversi o paradossali qualora siano modificati o la dose dei composti o la modalità di preparazione e di somministrazione o la sensibilità del sistema bersaglio.

Nella letteratura scientifica sono riportati numerosi casi di effetti duplici (positivo e negativo) di svariate sostanze a seconda delle diverse dosi impiegate (Metz 1979, Ashby 1990, Yankner 1990, Adams 1992, Smith 1994, Griffi n 1995). Modificando pertanto le dosi di una sostanza si ottengono effetti diversi. Una stessa sostanza somministrata in dose ponderale manifesta un’azione di stimolo, invece diminuendo la concentrazione (alta diluizione) manifesta un’azione frenante (effetto inverso o effetto-paradosso).

Gli immunoterapici omeopatici pur diversificandosi dai rimedi omeopatici per quanto concerne la regola della similitudine, agiscono secondo i criteri della diluizione e della dinamizzazione condividendo con essi gli aspetti intimi del meccanismo di azione:

Si utilizzano infatti, rispettivamente diluizioni a potenza bassa, media e alta con attività di stimolo, regolazione e inibizione. L’immunoterapico omeopatico potrebbe agire in bassa diluizione in virtù della sua concentrazione ancora presente e forse sufficiente ad attivare meccanismi immunologici in maniera sovrapponibile al suo analogo naturale, che agisce comunque in bassa concentrazione; in alta diluzione, in virtù dell’effetto inverso, potrebbe invece promuovere un’attività immunologica contraria (attività frenante-inibente) stimolando, per esempio, recettori diversi o parti di recettori non attive a diluizioni ponderali, ma suscettibili ad una informazione di carattere biofisico quale quella trasmessa da un’alta diluizione omeopatica.

La maggior parte delle teorie e delle ipotesi sollevate in merito al meccanismo di azione, pur essendo concettualmente interessanti sono comunque ancora in attesa di una definitiva conferma sperimentale. E’ probabile che l’azione dell’omeopatia e dell’immunoterapia omeopatica, sia in presenza di tracce di molecole che in assenza di tracce di sostanza, faccia parte di un dominio di “biologia metamolecolare” non ancora svelato. Allontanandosi dalle normali regole imposte dalla chimica del ponderale e avvicinandosi a considerazioni di natura biofisica si potrà riuscire ad analizzare il tipo di informazione contenuto nella dose infinitesimale e a comporre un puzzle di comprensione mirata scevro da zone d’ombra.

Microimmunoterapia omeopatica Vanda

La linea di prodotti di microimmunoterapia omeopatica Vanda prende il nome di Linea Immunologica Vanda. Le materie mediche biogenetiche che fanno parte della composizione delle cure omeopatiche Vanda provengono da laboratori biotecnologici che ottengono questi prodotti con metodiche e tecnologie di avanguardia. La maggior parte dei prodotti sono ottenuti con le tecniche del DNA ricombinante.

Forma Farmaceutica: Gli immunoterapici (microimmunoterapici) omeopatici Vanda si presentano sotto forma di globuli, incapsulati e confezionati in blister con le posizioni delle capsule numerate progressivamente.

Le capsule della Linea Immunologica Vanda devono essere ASSUNTE SEMPRE IN ORDINE NUMERICO come riportato sul bordo del blister.

Tossicità: Le sostanze contenute nei prodotti microimmunoterapici Vanda sono preparate in base ai criteri di diluzione e dinamizzazione previsti dal metodo classico hahnemaniano. Le sostanze di partenza hanno tutte schede analitiche comprovanti la loro origine e le qualità dei prodotti attivi, in accordo con gli standard internazionali stabiliti dalla farmacopea del paese di produzione. La non tossicità dei prodotti Vanda è stata riconosciuta dalla Commissione Europea (direttiva CEE 92/73, cap III, art. 7), che è valida per tutte le diluizioni infinitesimali superiori a 1/10.000 e pari a circa ad una 2CH. Non sono stati segnalati effetti collaterali e indesiderati provenienti dall’assunzione dei prodotti Vanda.

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