Il paradigma dell’ormesi nell’ambito della tossicologia

I più letti

Il paradigma dell’ormesi nell’ambito della tossicologia

Andrea Dei, Dipartimento di Chimica, Università di Firenze, Titolo originale: L’ormesi, un concetto centrale per la comprensione dell’organismo vivente, HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | vol. 1 | n. 2

“Asinus asino, sus sui pulcher est”: un asino è bello per un asino, così come un maiale per un maiale.

Similmente il fatto che l’interazione di un organismo vivente con una sostanza estranea implichi effetti qualitativamente diversi e spesso opposti in funzione della quantità della sostanza stessa, presenta attrattive differenti a seconda dell’interesse dell’osservatore.

Ormesi uguale “stimolazione”

Da un punto di vista farmacologico se la sostanza ha effetti inibitori sulla normale operatività di un meccanismo biologico, è abbastanza usuale osservare altresì come tale sostanza in quantità significativamente minori dia origine a effetti stimolatori.

L’aveva detto anche Paracelso nel XVI secolo, ma la cosa era stata ignorata. Da qui la definizione del fenomeno con l’etichetta di ormesi utilizzando un etimo che significa “stimolazione”.

Personalmente trovo l’espressione poco felice in quanto dettata da una visione strumentalista e, come tale, da definirsi antirealista nella filosofia della conoscenza.

Ma al di là delle mie perplessità filologiche, c’è da sottolineare quale valore euristico, e quindi di orientamento, possa costituire l’osservazione di una reattività che è funzione della quantità di molecole perturbanti al di là della natura delle molecole stesse.

 

ormesi tossicologia

I modelli tossicologici

Viene a scricchiolare uno dei postulati della chimica che lega gli effetti di reattività in corrispondenza biunivoca con la struttura molecolare e con la concentrazione di una specie.

Si guardano con commiserazione i pilastri della chimica farmaceutica.

Vengono a cadere i modelli tossicologici, a partire dal quello che prevede effetti solo per quantità più alte del No Adverse Exposure Level (NOAEL) fino a quello utilizzato dagli oncologi che calcolano probabilità finite di cancri a Pechino indotti da chi si accende una sigaretta a Parigi.

Gli ampi dibattiti riportati al riguardo in letteratura da Edward Calabrese sono estremamente illuminanti a questo proposito1 .

Ormesi e omeopatia

Alcuni omeopati, anche se la loro pretesa dell’efficacia di soluzioni ultradiluite è ben lontana dall’essere supportata, intravedono finalmente almeno una parziale giustificazione delle terapie che sono soliti utilizzare 2 , anche se devono in primis subire il dileggio e le ingiurie degli altri omeopati che hanno scelto una vita più tranquilla con l’abbracciare acriticamente una fede professionale intrinsecamente autolimitante 3 .

Hugo Schultz

D’altra parte il credere all’esistenza di una correlazione fra ormesi e omeopatia non è certo una novità.

Si ricorda che Hugo Schultz, che fu il primo alla fine dell’800 a riportare studi dettagliati sull’importanza della dose di tossico sulla reattività dei lieviti, credette ciecamente in tale correlazione, ma proprio per questo, pur essendo più volte candidato al Nobel, non riuscì ad ottenerlo per gli impedimenti posti da una parte della comunità accademica.

Fino a che la sua morte portò a una liberatoria risoluzione del problema.

Il tema è stato ripreso di recente in una interessante pubblicazione coordinata da Calabrese e Jonas con il contributo di note personalità della comunità omeopatica 4-8.

ormesi omeopatia studio scientifico apis mellifica

 Evoluzione dell’approccio omeopatico

L’impressione che si ha nel leggere i vari contributi è che la comunità omeopatica sia nel suo insieme pervicacemente propositiva, anche se i suoi membri si dividono in:

  • quelli che vogliono sfruttare l’ormesi per l’evoluzione della medicina
  • e quelli che, negandola, inseguono un futuro della restaurazione illuminata dello status quo ante l’introduzione dell’ormesi.

 

ormesi e omeopatiaTuttavia, a dispetto della referenzialità dei detrattori e dei dotti accenti che usano per l’occasione, credo fermamente che la loro battaglia vada contro la freccia del tempo.

Non ho dubbi infatti che l’ormesi lascerà il segno nel futuro della tossicologia e della farmacologia dei prossimi decenni sia per il fondamentale motivo di rivoluzione culturale, che verrà esposto più avanti e che fino ad oggi in questi contributi nessuno ha avuto il garbo di sottolineare, sia per tutta una serie di argomenti rilevanti che possono essere riassunti come segue.

Il paradigma dell’ormesi nell’ambito della tossicologia dell’ambiente

Il paradigma dell’ormesi nell’ambito della tossicologia dell’ambiente e l’igiene del territorio permette l’utilizzo di nuovi modelli e concezioni che implicano significativi risparmi economici.

Questo è di estremo interesse sia per le istituzioni che per le industrie private. In aggiunta a questo, lo sviluppo di tecniche biogenetiche ha portato a caratterizzare, senza ambiguità, significative risposte dei geni in seguito a perturbazione di agenti a un livello di diluizione molecolare estremamente elevato.

Real time PCR

In un recente studio, di cui mi onoro di essere il proponente 9 , è stato possibile mostrare per la prima volta come lo ione rame (II) induca tre reazioni diverse sul DNA umano in funzione della concentrazione nell’intervallo 10-6 – 10-17M.

Questa diversità di risposta, che si rivela nella sovra- o sotto-espressione di alcuni gruppi di geni in funzione della concentrazione, mostra le caratteristiche tipiche del paradigma ormetico.

Farmacologia delle microdosi

Questi risultati aprono la strada allo sviluppo della farmacologia delle microdosi che porterà sicuramente un contributo significativo allo sviluppo della medicina futura, se non addirittura a una rivoluzione della stessa.

Infine l’ormesi entrerà di diritto nella farmacologia ufficiale per un semplice motivo. Esiste una tendenza fra i tossicologi, gli allopati e gli omeopati a formulare l’equazione “ormesi = effetto benefico”.

Questo è logicamente vero per tutte le terapie che utilizzano stress o sostanze che sono tossiche ad alte dosi. Pertanto l’uguaglianza è giustificata per quel che riguarda molte sostanze oggetto di studio in tossicologia e molte sostanze madri utilizzate in omeopatia a diluizione rilevante.

Ma non è certo vero in generale. Si ricordi che durante la seconda guerra mondiale la scarsità di streptomicina portò al tentativo di ridurre le dosi terapeutiche di farmaco con il risultato di ottenere non già l’eliminazione dell’infezione, ma il suo aggravamento.

Farmacologia paradossale

Più recentemente è stato osservato come le basse dosi di alcuni farmaci anticancro stimolino la proliferazione delle cellule tumorali 10-11. Questa e altre considerazioni mostrano come l’intera terapia farmacologica tradizionale debba essere accuratamente riconsiderata nei suoi aspetti farmacocinetici, dal momento che quando la biodisponibilità del farmaco raggiunge concentrazioni significativamente basse si può verificare l’insorgenza di nuovi effetti avversi o di effetti non desiderati.

Un sistema aperto in stato stazionario lontano dall’equilibrio termodinamico

l’organismo vivente deve essere descritto come uno stato di non-equilibrio, dal momento che uno stato di equilibrio viene raggiunto quando si raggiunge il massimo disordine.

Perchè questo stato ordinato si mantenga, ovvero si mantenga quella configurazione, il sistema deve spendere (dissipare) energia. Ogni sistema vivente (ovvero sistema autopoietico 12 che è in grado di autogenerarsi e di badare a se stesso) può essere descritto come un sistema aperto in stato stazionario lontano dall’equilibrio termodinamico 13.

Sistemi non-lineari

Questo è il senso dell’ormesi come si può evincere dalla letteratura dove il principio dell’asinus asino et sus sui è operativo, dove cioè ciascuno si limita a mirare al suo traguardo e dove ci si chiede comunemente perchè un fenomeno di così patente rilevanza sia stato ignorato o trascurato per così tanto tempo nella letteratura scientifica.

La risposta è semplice: l’ormesi non è comprensibile se si adotta un principio lineare di causa-effetto, come la tossicologia e la medicina (e la scienza in generale) sono stati soliti usare nel loro sviluppo durante la prima metà del secolo scorso.

Ma il secolo scorso si è caratterizzato per tre grandi rivoluzioni scientifiche, che sono state il risultato della

  • formulazione della teoria della relatività,
  • dello sviluppo della meccanica quantistica
  • e della termodinamica del non equilibrio.

L’auto-organizzazione della materia vivente

Quest’ultima ha permesso di definire nella seconda metà del secolo l’essenza dell’organismo vivente. Ogni organismo vivente è definito da un numero di variabili che non sono fra loro indipendenti, ma sono fortemente correlate.

Questo tipo di sistema è detto essere cooperativo e non può essere descritto da una serie di equazioni lineari, ma richiede metodi di dinamica nonlineare.

L’auto-organizzazione che definisce la vita è possibile solo se si realizza la coerenza e la comunicazione fra tutti i costituenti dell’organismo in modo da consentire lo scambio di informazione biologica.

Lostato di non-equilibrio

Poichè tale situazione richiede una certa configurazione fra i costituenti dell’organismo, ovvero un certo ordine, l’organismo vivente deve essere descritto come uno stato di non-equilibrio, dal momento che uno stato di equilibrio viene raggiunto quando si raggiunge il massimo disordine.

Strutture dissipative

Perchè questo stato ordinato si mantenga, ovvero si mantenga quella configurazione, il sistema deve spendere (dissipare) energia. Ogni sistema vivente (ovvero sistema autopoietico 12 che è in grado di autogenerarsi e di badare a se stesso) può essere descritto come un sistema aperto in stato stazionario lontano dall’equilibrio termodinamico 13.

Lo stato stazionario viene mantenuto da un continuo scambio di materia e energia nell’interazione con l’ambiente che lo circonda.

Continue riparazioni

Queste interazioni implicano sempre variazioni strutturali del sistema e in tal senso si può dire che sono una fonte continua di danni che alterano il sistema originale di comunicazione. Per mantenere lo stato stazionario l’organismo pertanto reagisce o riparando i danni, oppure attivando dei percorsi alternativi in grado di sostituire il meccanismo danneggiato.

In ogni caso quando a seguito di un’interazione, il sistema è spostato dal suo stato stazionario, esso tende a reagire nel senso di opporsi alle variazioni indotte dall’interazione con l’agente esterno allo scopo di ristabilire lo stato stazionario originale.

Il punto chiave è che il sistema reagisce in maniera tale da mantenere inalterata la sua identità, ovvero la sua organizzazione strutturale.

Omeostasi

L’espressione di questa autoreferenza è data dall’ omeostasi, che altro non è che un sistema di autoproteggersi dalle interazioni con l’ambiente.

L’intero sistema quindi può essere descritto come un sistema cooperativo di unità costituenti (le cellule), le quali devono soddisfare due requisiti.

  • Il primo è che devono contenere intrinsecamente lo stesso software delle altre (cioè il DNA) che fornisce tutte le informazioni di cui possono avere bisogno
  • e il secondo è che devono essere in grado di comunicare la loro attività che viene svolta seguendo le informazioni fisiche e chimiche delle cellule circostanti.

Questo permette una reazione concertata nei confronti della perturbazione esterna e questa reazione è primariamente volta a annullare questa perturbazione, come è facilmente intuibile dalle seguenti considerazioni.

I sistemi complessi

La complessità del sistema organismo non permette una trattazione matematica completa che riproduca la fenomenologia. Tuttavia anche una ipersemplificata schematizzazione di quanto sopra menzionato comporta una serie di considerazioni qualitative di notevole interesse. Un sistema aperto, come ogni organismo vivente, è caratterizzato dallo scambio di materia con l’ambiente che lo circonda. 

Modelli

Questo implica un flusso di una sostanza X dall’esterno verso l’interno del sistema. Sia [Xext] la concentrazione di X fuori dal sistema e [Xint] la concentrazione di X all’interno del sistema. Ammettendo che tale flusso sia semplicemente controllato dalla diffusione, esso sarà proporzionale alla differenza fra la concentrazione esterna e quella interna [Xext] – [Xint] e il flusso sarà massimo quando [Xint] = 0 e nullo quando [Xint] = [Xext]. Pertanto se solo il processo di diffusione è operativo, la variazione di [Xint] nel tempo sarà data da:

δ[Xint]/δt = K ([Xext] – [Xint])

ove K è la costante di proporzionalità.

Supponiamo ora che la sostanza X una volta giunta all’interno del sistema dia origine a una reazione reversibile con formazione di una sostanza Y e una reazione irreversibile con formazione di una sostanza Z, che viene ad essere un prodotto di scarto. Sia la sostanza Z espulsa dal sistema con una velocità proporzionale alla sua concentrazione. L’intera serie dei processi può essere riassunta nello schema seguente:

ormesi omeopatia

Le equazioni associate sono:

δ[Xint]/δt = K ([Xext]-[Xint]) – k1[Xint] + k-1[Y] – kirr[Z]

δ[Y]/δt = k1[Xint] – k-1[Y]δ[Z]/δt = kirr [Xint] – [Z]

Per uno stato stazionario non si ha variazione di concentrazione delle specie Xint, Y e Z nel tempo, per cui le derivate scritte a destra nel sistema di equazioni sono nulle. Ne deriva quindi che:

K1[Xint] = K-1[Y] e kirr [Xint] = K[Z]

e che quindi:

[Xint]: [Y]: [Z] = 1: k1/ k-1: kirr/ K

Questa relazione mostra per prima cosa che per uno stato stazionario, anche se il sistema non è all’equilibrio e ci sono reazioni irreversibili, il rapporto di concentrazioni è costante, come si verifica in una stato in cui è operativa l’omeostasi. La seconda osservazione è che lo stato del sistema non dipende dalle condizioni ambientali ovvero dalla concentrazione di X all’esterno del sistema Xext che non compare nell’equazione.

Ormesi e perturbazione debole

Pertanto lo stato del sistema, definito come rapporto di concentrazioni, dipende soltanto dai meccanismi metabolici propri del sistema stesso, che vengono espressi attraverso la serie di costanti definite nelle equazioni precedenti.

Infine operando sulla prima equazione, tenuto conto che K1[Xint] = K-1[Y], si ha la relazione:

[Xint] = K [Xext]/ (K + kirr)

che esprime il fenomeno dell’ormesi, indicando che il sistema reagisce cercando di contrastare una perturbazione esterna.

Infatti un aumento di Kirr porta alla diminuzione di Xint e quindi a un aumento di flusso di X dall’esterno verso l’interno, mentre la diminuzione di kirr la diminuzione di flusso. Al limite se kirr si annulla, il flusso cessa. Logicamente vale anche il discorso reciproco che se aumenta Xext, il sistema reagisce in maniera tale da aumentare Kirr.

Scambio con l’ambiente

Come abbiamo detto, ogni interazione con l’ambiente implica sempre variazioni strutturali. Questo avviene respirando ossigeno, assumendo cibi, interagendo con antigeni o più semplicemente come interpretazione di una funzione cognitiva.

Deve essere altresì sottolineato che le variazioni strutturali indotte dall’ambiente possono essere diverse da organismo a organismo poichè esse dipendono anche dalle variazioni subite in precedenza.

In questo senso la vita è un continuo processo di apprendimento e ogni interazione quindi viene elaborata in maniera diversa dai singoli organismi viventi, inducendo risposte autonome.

Intensità delle Perturbazioni

Tuttavia la  è fortemente correlata all’intensità della perturbazione. Perturbazioni deboli come respirazione o variazioni di temperatura dal caldo al freddo producono piccoli danni e l’ordine originale viene ristabilito usando appropriati meccanismi di difesa.

Il disordine

Da un punto di vista termodinamico il disordine creato dalla perturbazione viene a essere annullato dando origine a un processo esotermico verso l’ambiente con eliminazione di prodotti di scarto. Se questi danni non sono riparati velocemente, si possono verificare dei processi irreversibili e tutto il sistema cellulare cambia lentamente e in generale è accompagnato da una perdita della reattività biochimica delle cellule. Questi processi irreversibili sono la causa dell’invecchiamento.

Il processo stimolatorio è l’origine dell’ormesi, che sulla base delle considerazioni esposte può essere descritto come risposta adattativa indotta implicante una sovraespressione dei geni designati alla riparazione dei danni e alla eliminazione dei prodotti di scarto.

Risposta adattiva

Il sistema concertato di meccanismi di difesa diventa più efficiente quando la perturbazione cresce un po’di intensità, come per esempio si verifica quando il sistema cellulare viene a interagire con una piccola quantità di molecole di uno xenobiotico.

Come abbiamo detto in precedenza, da un punto di vista termodinamico il sistema reagisce in maniera tale da opporsi alla variazione indotta dalla perturbazione esterna, ma non si limita a questo.

Poichè il suo software è programmato per mantenere se stesso al variare delle condizioni esterne, il sistema non si limita a annullare la perturbazione, ma si prepara a una ulteriore interazione rafforzando i suoi meccanismi di difesa, che implicano anche la riparazione dei danni subiti.

L’aumento di efficienza viene quasi sempre ottenuto stimolando l’intero insieme di cellule a favorire la produzione di ATP.

L’ATP è una fonte di energia libera e, se l’eccesso di ATP non viene utilizzato per far fronte a una nuova perturbazione, il sistema cellulare lo utilizza per effettuare altri tipi di riparazione con un conseguente effetto benefico su tutto il sistema.

Il processo stimolatorio è l’origine dell’ormesi, che sulla base delle considerazioni esposte può essere descritto come risposta adattativa indotta implicante una sovraespressione dei geni designati alla riparazione dei danni e alla eliminazione dei prodotti di scarto.

ormesi omeopatia

Entropia del sistema

Questo effetto benefico viene sopraffatto se la perturbazione è troppo grande.

Nell’ambito di questo contributo per semplificare mi limiterò a osservare che questo avviene quando la quantità di molecole di xenobiotico è tale da inibire o limitare un processo biologico.

In questo caso il livello dei danni al sistema genetico aumenta e il rischio di modificazioni irreversibili dell’intero sistema cellulare diventa grande. Il sistema prova a reagire attivando meccanismi alternativi a quelli limitati o inibiti dallo xenobiotico e, se la riparazione dei danni avviene rapidamente, è possibile ritornare allo stato stazionario originale con rilascio di entropia verso l’esterno.

Eccesso di entropia

Ma se questo non si verifica, l’eccesso di entropia prodotto non viene esportato e rimane all’interno del sistema cellulare. Poichè un aumento di entropia significa sistema meno ordinato, in questo caso si ha l’alterazione dell’intero sistema con minore capacità di reattività e di produzione di entropia.

Questo significa che la sua capacità di difesa è diminuita, così come la sua capacità di riparare danni.

Nuovo stato stazionario

Il sistema si adatta a un nuovo stato stazionario, ma c’è da sottolineare che il sistema dei geni ha perso efficienza e la sua capacità di risposta è irreversibilmente diminuita. In questo caso la probabilità di apoptosi aumenta.

Tutte queste considerazioni spiegano l’alta probabilità di effetti collaterali nell’adozione di terapie che sfruttano effetti di inibizione e che quindi devono necessariamente utilizzare un numero di molecole di farmaco relativamente elevato.

Equilibrio termodinamico

Per finire quando la quantità di xenobiotico diventa troppo grande, i danni indotti non possono essere più riparati, il sistema non riesce a raggiungere un nuovo stato stazionario e tende verso lo stato di equilibrio chimico del sistema, che implica la morte dell’organismo.

In questo caso si ha la morte cellulare per necrosi. Questa brevissima esposizione sottolinea come l’ormesi non sia altro che una normale risposta di un sistema cooperativo in non equilibrio a una perturbazione non particolarmente intensa.

Farmacologia delle microdosi

Non deve essere quindi ne’oggetto di meraviglia ne’di considerazioni peculiari. Ho già menzionato il fatto che il suo sviluppo e la sua applicazione possono permettere la formulazione di una farmacologia delle microdosi, che potrebbe rappresentare una rivoluzione concettuale di estrema importanza per l’evoluzione futura della medicina.

Determinismo sociale

Dal mio punto di vista i prerequisiti teleologici ci sono e gli anni futuri ci mostreranno se saranno esistite una volontà politica, una scelta culturale e un supporto economico tali da consentire questa scelta evolutiva.

Questi prerequisiti tuttavia non nascono da soli, ma si verificano se nasce una leadership culturale determinata che potrebbe nascere e essere rappresentata come corrente di pensiero da una società medico-scientifica che si propone primariamente il dialogo fra le diverse culture mediche.

Contributo delle scuole mediche

La SIOMI, la cui espressione culturale è demandata al giornale che ospita questo contributo, potrebbe far proprio e prioritario questo proposito.

Da anni sto rendendo noto il mio sogno utopico di un medico che sfrutti la curva ormetica a forma di J giudicando se il momento diagnostico e l’osservazione clinica suggeriscano come più appropriata la prescrizione di una terapia inibitoria o di una stimolatoria.

Da chimico considero l’esseribilità (mutuo il termine dalla fisica delle particelle) del sogno come una grande conquista, ma purtroppo è un’utopia simile a quella dei sostenitori dell’esperanto o a quella di Francis Bacon in New Atlantis. Sono quasi certo che non si verificherà: l’allopatia e l’omeopatia resteranno patrimoni culturali separati, ma in libera coesistenza complementare. Si verificherà invece il sogno di Linn Boyd che da grande medico e grande umanista scrisse nel 1936: “In my opinion it was an awful pity that two very efficient research approaches in clinicalpharmacology were felt in a mutual contrast, whereas they could reciprocally fulfill each other”. E sarò fiero per lui, anche se il mio sogno prevedeva che usasse il verbo merge (fondersi) e non fulfill (completarsi).

Autore: Andrea Dei, Dipartimento di Chimica, Università di Firenze, Firenze . E-mail: andrea.dei@unifi.it; Tratto da: HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2

Bibliografia

1. E. J. Calabrese, Crit Rev Toxicol 2008; 38: 579; ibidem, 2008, 38, 591.

2. S. Bernardini, A. Dei, Tox Appl Pharm, 2006, 211, 84

3. M. Oberbaum, N. Samuels, S. Singer Tox Appl Pharm, 2006, 211, 85

4. E. J. Calabrese, W. B. Jonas Hum Exp Tox 2010, 29, 545

5. P. Fisher Hum Exp Tox 2010, 29, 555

6. P. Bellavite, S. Chirumbolo, M. Marzotto Hum Exp Tox 2010, 29, 573

7. R. Van Wjik, F. Wiegant Hum Exp Tox 2010, 29, 561

8. S. Bernardini Hum Exp Tox 2010, 29, 537

9. E. Bigagli, C. Luceri, S. Bernardini, A. Dei, P. Dolara Chem Biol Interact 2010, 188, 214

10. E. J. Calabrese Crit Rev Toxicol 2005, 35, 463.

11. J-I. Kuratsu, M. Kurino, K. Fukunaga, E. Miyamoto, Y. Ushio Anticancer Res 1995, 15, 1263

12. H. Maturana, F. Varela “Autopoiesis and cognition” Reidel, Dordrecht, 1980.

13. I. Prigogine, P. Glasdorff “Thermodynamic theory of structure, stability and fluctuations” Wiley, New York, 1971.


Original paper: “Exploring the effects of homeopathic Apis mellifica preparations on human gene expression profiles”,

Elisabetta Bigagli1, Cristina Luceri, Simonetta Bernardini, Andrea Dei, Angelica Filippini and Piero Dolara.  Homeopathy (2014) 103, 127e132

spot_img
spot_img

Vanda Magazine